mercoledì 17 aprile 2024

Chiara Gambacorti ( beata )

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“Sapete bene, o Signore,
 che desidero soltanto Voi!”
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“I SANTI MANIFESTANO
 IN DIVERSI MODI 
LA PRESENZA POTENTE 
E TRASFORMANTE
 DEL RISORTO” 
(BENEDETTO XVI)
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Tora (o Teodora), figlia di Pietro Gambacorta, nacque nel 1362 a Firenze o a Venezia, uno dei cittadini più importanti di Pisa. Suo fratello maggiore era il B. Pietro da Pisa (17 gin.), che fondò un piccolo ordine di eremiti nel 1380. A sette anni Tora fu promessa in sposa e, a dodici, lasciò casa per andare a vivere dai genitori del futuro marito. Là sviluppò un interesse particolare per i poveri del vicinato e, quando la suocera le vietò di donare provviste della casa, si unì a un gruppo di pie donne che davano assistenza agli ammalati. A quindici anni un'epidemia colpì lei e il marito portando il giovane alla morte; la famiglia di lui cominciò immediatamente a organizzarle un secondo matrimonio ma incontrò il netto rifiuto di Tora, che si era ormai decisa a condurre vita religiosa, mossa anche da una lettera di S. Caterina da Siena (29 apr.). 
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Ella si tagliò i capelli, donò i ricchi abiti ai poveri e si accordò segretamente per entrare nelle clarisse, assumendo il nome di Chiara. I suoi genitori non le permisero però di rimanere in convento e la obbligarono a tornare a casa. Non essendo riuscito, però, a farle cambiare idea, suo padre si rassegnò e le permise di entrare nel convento domenicano di S. Croce. Era questa una comunità in cui si seguiva uno stile di vita piuttosto rilassato e Chiara cercò invano di riformarla, ostacolata dalla gran parte delle suore. Di fronte a questo stato di cose, il padre costruì per lei un nuovo convento e Chiara vi si trasferì, nel 1382, con le suore che intendevano osservare la regola in maniera più rigorosa.
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Fu un esempio sfolgorante del temperamento cristiano che si nascondeva nei cuori dei grandi personaggi della fede cristiana del tardo Medioevo, che si conciliava perfettamente con il suo essere giovane fanciulla destinata ad alti tenori di vita, a causa del suo rango sociale. Chiara discendeva infatti dalla celebre famiglia Gambacorta, di primo piano nella vita politica della Repubblica Marinara di Pisa nel mezzo di un trecento duramente segnato da guerre e stragi. Tora, nonostante crebbe nel palazzo paterno, coltivò sempre in cuore la vocazione al donarsi completamente al Signore, e fin da piccola si esercitava in maniera segreta nella penitenza, nella preghiera e nel digiuno. Prostrandosi davanti al Crocifisso, da sola, in nua occasione pronunciò: “Sapete bene, o Signore, che desidero soltanto Voi!”. Si offre per servizio a malati senza speranze e non ha paura di chinarsi sulle loro piaghe sofferenti. Non perse mai tempo davanti al male e lasciò tutto per Cristo.
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Alla morte del marito distribuisce ai poveri tutti i suoi ricchi vestiti, i suoi gioielli, si taglia i capelli, si chiude nel silenzio e nella preghiera, sopporta i rimproveri della madre e delle cognate, nel mentre prende accordi con le Clarisse del monastero di S. Martino e vi entra, prendendo insieme all’abito francescano il nome di Chiara. Il fratello Andrea ci si reca con una schiera armata per prelevarla, e viene a lui consegnata calandola dal muro, per evitare che venisse violata la clausura.
La sua opera missionaria fu costante e trovò il suo apice nella carità.
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Tornata nel palazzo del padre viene rinchiusa in una stanza, come fosse una cella, priva di tutto, spesso anche del cibo. Lei continuò però a stare in compagnia del Signore. La sua grande pena era l’impossibilità di confessarsi, ma una della sue cognate, di nascosto, la condusse a Messa dai Frati predicatori. Comprese che la sua chiamata era ad entrare nell’Ordine di San Domenico. Un santo prelato convince i genitori a desistere dalla loro persecuzione, e viene fatta entrare fra le Domenicane del mona­stero di Santa Croce. Ottiene persino dal padre la costruzione di un nuovo monastero intitolato a San Domenico. 
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I beni dei Gambacorti le serviranno per farlo diventare un centro di accoglienza per ogni sorta di povero La sua decisione, a vent’anni, è proverbiale, ed è quella di adeguare la sua vita ai rigori dell’antica disciplina monastica seguendo i canoni fondamentali della vita domenicana. Vale a dire preghiera, studio, silenzio, penitenza, contemplazione. Mantiene diverse corrispondenze con persone celebri del suo tempo, ma è imperterrita nell’invitare tutti a una vita devota e alle opere di bene, con semplicità, equilibrio e schiettezza, mentre lei si dedica alla carità incondizionata dei più sofferenti. La carità più grande la ebbe quando perdonò coloro che uccisero, per rivalità politica, suo padre e i suoi fratelli.
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Chiara merita un posto a fianco di S. Bernardino da Siena (20 mag.) e S. Teresa d'Avila (15 ott.) come riformatrice della vita religiosa. Per le sue monache, Chiara è già santa da viva. E nel giorno della morte 17 Aprile 1420, invece del Requiem, le loro voci intonano il Gloria. Il suo corpo si trova ancora nel suo monastero a Pisa dove le hanno intitolato una piazza. Beatificata da Papa Pio VIII, nel 1830
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"Io sono il pane della vita;
  chi viene a me non avrà fame 
  e chi crede in me non avrà sete, mai!"

giovedì 4 aprile 2024

Sant’Isidoro di Siviglia

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SANT'ISIDORO
Cultura, pazienza e santità

Oggi è la festa del patrono di Internet:
fu il primo a scrivere un’enciclopedia
A nominarlo patrono del mondo del web e stato
Papa Giovanni Paolo II nel 2002




Nacque a Cartagena (Spagna) nel 560 circa, da una illustre famiglia,  fratello di san Leandro vescovo di Siviglia, di san Fulgenzio vescovo di Écija e santa Fiorentina badessa. Rimasto orfano, ancora bambino, venne educato dal fratello maggiore Leandro. I genitori di Isidoro da subito notarono la sua grande predisposizione agli studi, e decisero di metterlo sotto la tutela dei due fratelli maggiori per farlo studiare. Isidoro imparò la lingua greca, la lingua araba, la lingua latina, e si specializzò nello studio del diritto allora vigente. La sua vocazione religiosa lo fece diventare una delle figure chiave nel combattere l’eresia ariana e nel cercare di mettere ordine all’interno della Chiesa spagnola.  Ebbe, pertanto, una formazione cristiana eccellente. Dopo una gioventù spensierata, Isidoro, sotto la guida del fratello vescovo, si impegnò con tenacia allo studio. Fu consacrato sacerdote nel 601, all’età di 40 anni circa, alla morte di Leandro, gli succedette nella sede episcopale di Siviglia svolgendo il suo ministero pastorale con esemplare zelo e grande spirito di sacrificio. Si distinse per la predicazione contro le eresie residue dell’arianesimo e contro i cosiddetti “acefali”, negatori della dualità di natura in Cristo. Formatosi alla lettura di S. Agostino e S. Gregorio Magno, pur senza avere la vigoria di un Boezio o il senso organizzativo di un Cassiodoro, con essi Isidoro condivide la gloria di essere stato il maestro dell'Europa medievale e il primo organizzatore della cultura cristiana. Un'amena leggenda racconta che nel primo mese di vita uno sciame d'api, invasa la sua culla, depositasse sulle labbra del piccolo Isidoro un rivoletto di miele, come auspicio del dolce e sostanzioso insegnamento che da quelle labbra sarebbe un giorno sgorgato. Sapienza, mai disgiunta da profonda umiltà e carità, gli hanno meritato il titolo di "doctor egregius" e l'aureola di santoEra noto per la sua cultura, la sua pazienza e la sua santità. Tenne la cattedra vescovile per ben 36 anni, e fondò presso Siviglia un collegio per la formazione culturale del clero e dei laici che divenne celebre in tutta la Spagna. La sua attività pastorale era intensa, efficace ed attiva. L’interesse per il suo gregge era paterno ed umile. Grande scrittore ed erudito, con la sua produzione letteraria abbracciò praticamente lo studio di tutte le scienze allora conosciute. Nella mole dei suoi scritti si segnalano:  la Storia dei Goti e il Libro delle etimologie, che è un inventario di tutte le conoscenze umane, noto anche come Libro delle origini delle cose; i due libri degli Uffici divini, che sono una spiegazione dell’antica liturgia spagnola; la Regola dei monaci, in cui si rivela uomo di legge e di ordine contro l’indisciplina, la Cronica major, storia universale che giunge fino all’anno 615, e una breve storia delle eresie, la De haeresibus. Curò, con grande diligenza, la liturgia in ogni minima parte, nelle sue formule, nei suoi simboli, sicché venne adottata in tutta la Spagna. Isidoro, oltre ad essere un dotto vescovo ed una mente eccelsa di intellettuale, fu uomo di umiltà e di carità.. Negli ultimi giorni della sua vita a 76 anni si fece portare in chiesa e, coperto di ceneri e cilici, ricevette il santo viatico. Isidoro consegnò la sua anima al Signore il 4 di aprile dell’anno 639, dopo ben 36 anni di episcopato e tutta una vita dedicata a valorizzare e diffondere la parola di Cristo nel mondo. Confortato, assistito dal suo clero e dai suoi fedeli, chiedendo perdono, pregando e benedicendo, si spense santamente, lasciando tutti i suoi averi ai poveri. Morì il 4 aprile 636.